Mentre i sistemi sanitari di tutta Europa affrontano la crescente prevalenza dei disturbi cognitivi, i medici di medicina generale stanno emergendo come attori chiave nella valutazione e nel supporto delle capacità decisionali dei pazienti. È stato questo il tema centrale della 29a Conferenza WONCA a Dublino, durante la quale il Movimento Europeo dei Giovani Medici di Famiglia (EYFDM) ha presentato i risultati di un progetto che ha coinvolto giovani medici di base di tutta Europa, che hanno partecipato a workshop organizzati in diversi Paesi. Nel corso della sessione, Nick Mamo, membro dell’EYFDM di Glasgow, Regno Unito, e Alina Zidaru, dell’Irish College of Physicians di Dublino, Irlanda, hanno sottolineato come i medici di famiglia si trovino in una posizione unica per rispettare l’autonomia delle persone la cui capacità decisionale può essere compromessa. La sessione si è concentrata su casi pratici e sui quadri giuridici che guidano il processo decisionale in Europa e altrove. “Abbiamo condotto seminari a Bruxelles, Vienna e Sydney, concentrandoci su come costruire abitudini che supportino i pazienti. Abbiamo presentato casi reali, come Jay, un uomo di 43 anni con trisomia 21 e una moderata disabilità intellettiva che deve decidere se sottoporsi a un intervento chirurgico per un’ernia”, ha spiegato Zidaru a Univadis Italia. “La sfida più importante è stata quella di garantire la continuità delle cure e di rispettare la sua autonomia, nonostante le limitazioni cognitive”. Il caso di Jay è servito per illustrare i complessi dilemmi etici che i medici di famiglia devono affrontare per bilanciare l’autonomia e la sicurezza del paziente. In molti casi, i deficit cognitivi sollevano dubbi sulla capacità del paziente di prendere decisioni in modo indipendente. È stato chiesto al pubblico di condividere i propri pensieri sul caso e di indicare se avrebbero permesso a Jay di prendere una decisione autonoma, e se si sentivano sicuri nel valutarne la capacità cognitiva. Le risposte hanno messo in luce posizioni contrastanti. Come ha osservato Mamo, “spesso ci concentriamo troppo sull’evitare il danno e trascuriamo il principio dell’autonomia. Ma è essenziale dare ai pazienti il diritto di prendere le proprie decisioni, anche quando queste ci sembrano poco sagge”.
Differenze legali e culturali in Europa
La sessione ha anche esplorato il modo in cui i diversi Paesi europei affrontano il processo decisionale per le persone con disabilità cognitiva. Esiste un netto divario tra le nazioni che danno ai familiari diritti decisionali automatici e quelle che richiedono nomine legali. Nel Regno Unito, il Mental Capacity Act 2005 regola questi casi, presumendo la capacità di intendere e di volere fino a prova contraria. I medici di famiglia possono valutare le capacità decisionali dei pazienti utilizzando qualsiasi strumento convalidato che ritengano idoneo, e garantire che le decisioni siano prese nel miglior interesse del paziente se non ha capacità. I familiari hanno autorità legale solo se nominati attraverso strumenti formali, come ad esempio una procura definitiva. In Spagna e in Italia l’attenzione si concentra sulla valutazione funzionale, in cui i pazienti mantengono l’autorità decisionale nelle aree in cui dimostrano di essere competenti. I tribunali possono nominare una tutela legale, a volte limitata a settori specifici, ma il suo scopo è quello di sostenere piuttosto che sostituire l’autonomia del paziente. In Francia e Portogallo, la tutela può essere applicata in ambiti specifici, ma la capacità del paziente di partecipare alle decisioni è sempre prioritaria. Zidaru ha aggiunto che l’Assisted Decision-Making Capacity Act 2015 promulgato dall’Irlanda ha introdotto cambiamenti significativi nelle modalità di gestione del deterioramento cognitivo. “L’Irlanda ha adottato un test funzionale standardizzato della capacità, utilizzabile da qualsiasi medico. Una persona può ancora prendere decisioni fintanto che comprende, memorizza e valuta le informazioni necessarie per compiere la scelta. Se la capacità diminuisce, si può nominare un assistente decisionale, un co-decisore o un rappresentante, ma la volontà e le preferenze del paziente vengono sempre prima di tutto”.
Medici di famiglia, una responsabilità crescente
Sia Mamo che Zidaru hanno sottolineato il ruolo centrale dei medici di famiglia nel garantire il rispetto dei diritti e delle preferenze dei pazienti, indipendentemente dal loro stato cognitivo. Spesso sono i primi a identificare i disturbi cognitivi e devono muiversi con attenzione nel dedalo legale ed etico del supporto decisionale.” I medici di famiglia sono il perno di queste decisioni”, spiega Zidaru. “Capiscono la storia del paziente, costruiscono relazioni a lungo termine e sono nella posizione migliore per garantire che le decisioni riflettano i valori del paziente, non solo ciò che la legge o la famiglia potrebbero dire”. In Europa questo ruolo varia. In alcuni Paesi, come la Germania e l’Italia, i medici lavorano a stretto contatto con i tutori legali o i familiari che supportano il paziente nel prendere decisioni, ma l’accento è sempre posto sul mantenimento dell’autonomia del paziente, ove possibile. In Turchia, come ricordato dai medici di base turchi presenti in sala, i tribunali e i familiari più stretti spesso condividono la responsabilità decisionale. Come ha osservato Mamo, “non si tratta solo del quadro giuridico: è una questione di consapevolezza culturale e di comunicazione precoce. Dobbiamo chiederci: i pazienti hanno il diritto di prendere decisioni sbagliate? E come possiamo noi, come medici di famiglia, rispettarlo pur garantendo la loro sicurezza?”. La sessione si è conclusa con una discussione su come il ruolo dei medici di famiglia nel processo decisionale per i pazienti con deficit cognitivo si evolverà con l’invecchiamento della popolazione e l’aumento dell’incidenza di patologie come la demenza. Il carico di lavoro aumenta e la necessità di linee guida chiare e coerenti è fondamentale. “I medici di famiglia continueranno a svolgere un ruolo centrale nella gestione di queste sfide”, ha sottolineato Zidaru. “Abbiamo però bisogno di più risorse, più formazione e più supporto per garantire il rispetto dell’autonomia dei pazienti senza compromettere il loro benessere”.
Le informazioni riportate sopra sono riportate nel seguente link https://www.univadis.it/viewarticle/e225637e-511a-4f8d-a3cb-efec2a174c2e?uuid=e225637e-511a-4f8d-a3cb-efec2a174c2e&ecd=mkm_ret_241009_mscpmrk-OUS_ItSpecial_
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